GESTALT COACHING INDIVIDUALE: UNA PRATICA DI CONSAPEVOLEZZA RADICALE

Fritz Perls diceva: “La consapevolezza di per sé è terapeutica.”
Non intendeva una consapevolezza mentale, concettuale, “psicologica”.
Per Perls, consapevolezza significa
essere presenti a sé stessi nel corpo, nell’emozione, nel pensiero e nell’azione, simultaneamente.
Il Gestalt Coaching nasce proprio qui: nel luogo in cui la persona si confronta con la verità del momento presente.
Se il coaching tradizionale punta a obiettivi, strategie, direzioni, la Gestalt ti chiede:
“Cosa accade in te ora, mentre stai parlando del tuo obiettivo?”
E questa domanda, apparentemente semplice, apre mondi.
È il passaggio dalla mente che pianifica al corpo che sa.
1. Il Qui e Ora come punto di accesso all’identità
In Gestalt non si lavora sul passato né sul futuro, ma su ciò che emerge adesso.
Perché?
Perché, come sostiene anche Otto Scharmer nella Theory U,
la trasformazione personale richiede presenza, non analisi retrospettiva.
Scharmer parla di presencing:
uno stato in cui il sistema (o la persona) si connette al proprio futuro emergente restando radicato nel qui e ora.
È incredibilmente gestaltico nella sua essenza.
Gallwey, padre dell’Inner Game, direbbe:
“Il vero ostacolo non è l’esterno, ma il dialogo interno non osservato.”
In Gestalt questo dialogo viene portato al centro della scena.
2. Il Corpo come bussola esperienziale
Perls sosteneva che il corpo è “il terreno su cui si manifesta il conflitto tra bisogno e paura”.
Un esempio pratico in sessione:
La persona dice:
“Vorrei cambiare lavoro.”
Io domando:
“Cosa senti nel corpo mentre lo dici?”
E può emergere:
- tensione allo stomaco → paura
- apertura del torace → desiderio
- rigidità nelle spalle → responsabilità non dette
- tremore nella voce → vulnerabilità
E questo apre un livello di consapevolezza che nessun ragionamento cognitivo può dare.
La PNL direbbe che stiamo riconoscendo la “componente somatica dell’esperienza”,
ma la Gestalt aggiunge:
“E che significato ha per te, ora, questa tensione?”
3. Il Ciclo di Contatto: la matrice del cambiamento
Il ciclo è composto da:
- Sensazione
- Consapevolezza
- Mobilitazione
- Azione
- Contatto
- Ritiro / Integrazione
Quando questo ciclo si interrompe, emergono:
- ansia (interruzione precoce)
- confusione (consapevolezza parziale)
- procrastinazione (mobilitazione bloccata)
- conflitto (azione distorta)
- senso di vuoto (contatto mancato)
Spagnuolo Lobb scrive che la qualità del contatto con l’ambiente determina la qualità della nostra vitalità.
In coaching:
Non lavoro sull’obiettivo,
ma sul punto esatto in cui il ciclo di contatto si interrompe.
4. Le Polarità: il dialogo tra parti in conflitto
Perls parlava di top dog e underdog:
due parti interne che giocano a sabotarsi reciprocamente.
Un esempio:
- Parte 1: “Devo essere efficiente.”
- Parte 2: “Sono esausto e voglio fermarmi.”
Il compito NON è scegliere “chi ha ragione”,
ma
mettere le parti in dialogo, come nel Two Chair Work.
Il risultato?
Una risoluzione naturale che emerge senza forzature.
Quello che Gallwey chiamava “silenziare Se 1 per dare spazio a Se 2”.
5. Responsabilità e potere personale
In Gestalt, responsabilità non è colpa, non è dovere.
È potere.
È la capacità di riconoscere:
- “Questo è mio”
- “Questo non è mio”
- “Questo è ciò che scelgo ora”
Come dice Perls nella Gestalt Prayer:
“Tu sei tu. Io sono io. Se ci incontriamo, è bello. Se non ci incontriamo, non può essere evitato.”
L’essenza del coaching gestaltico è riportare la persona alla propria capacità di scegliere.
6. Metafora gestaltica: La Porta Socchiusa
Immagina di spingere una porta da mesi senza riuscire ad aprirla completamente.
Spingi, insisti, ti sforzi.
E non capisci perché non si apre.
La Gestalt Coaching non ti dice di spingere più forte.
Ti dice:
“Fermati. Appoggia la mano. Senti dove la porta oppone pressione.
Forse non serve forza, ma contatto.”
E spesso scopri che la porta non era da spingere.
Era da tirare.
Questo è il passaggio dalla volontà al sentire.
7. Caso reale (anonimo)
D. arriva dicendo:
“Voglio un lavoro che mi dia soddisfazione.”
Nel corpo emerge:
- tensione al torace
- gola stretta
- sguardo basso
Gli chiedo: “Di cosa ha paura questa gola stretta?”
Risponde:
“Di deludere chi conta su di me.”
Il coaching tradizionale avrebbe definito obiettivi.
La Gestalt chiede:
“E che cosa vuoi tu?”
Silenzio.
Respira.
Sente.
Finalmente dice:
“Vorrei fermarmi per capire cosa desidero realmente.”
Quella è la vera azione.
8. Bibliografia essenziale
Gestalt Therapy – F. Perls, Goodman, Hefferline
Il Now-for-Next in Psicoterapia – Margherita Spagnuolo Lobb
El Enfoque Gestáltico – Claudio Naranjo
Inner Game of Work – Timothy Gallwey
Theory U – Otto Scharmer
La Realtà è un’Illusione – Paul Watzlawick
La Struttura della Magia – Bandler & Grinder (PNL)
Change – Watzlawick, Weakland, Fisch (scuola di Palo Alto)
9. Conclusione
Il Gestalt Coaching non è un percorso per diventare “migliori”.
È un processo per diventare
presenti,
integri,
coerenti.
È l’arte del tornare a sé stessi.
Approfondimenti
Articoli e riflessioni su Coaching, Counseling, Gestalt, Relazioni e Crescita personale: un invito a comprendere, scegliere e trasformarsi.































