AUTENTICITÀ IN GESTALT: IL CORAGGIO DI ESSERE PRESENTI

In Gestalt, l’autenticità non è un ideale filosofico.
Non è “essere se stessi” in modo generico, né un invito alla spontaneità impulsiva.
È un
processo relazionale: la capacità di stare nel contatto con ciò che accade dentro di sé, mentre lo si porta nel mondo.
Fritz Perls sosteneva che
“l’autenticità è la condizione per cui ciò che penso, ciò che sento e ciò che faccio coincidono.”
Spagnuolo Lobb aggiunge:
“L’autenticità è presenza sensibile nel campo, non esibizione del sé.”
Essere autentici significa sostenere la propria esperienza nel qui e ora, senza manipolarla, senza mascherarla, senza tradirla per essere accettati.
L’autenticità non si dice: si vive.
L’autenticità come processo di contatto
L’autenticità non è una qualità della personalità,
ma un movimento che nasce quando le fasi del ciclo di contatto scorrono:
- sento ciò che sento
- riconosco ciò che sento
- mi mobilito verso ciò che sento
- agisco in coerenza con ciò che sento
- integro l’esperienza vissuta
Quando questo processo si inceppa,
si produce una “frattura interna”:
la persona sente una cosa, dice un’altra cosa, fa un’altra ancora.
È qui che nascono:
- ansia
- vergogna
- insicurezza
- confusione
- relazioni asimmetriche
L’autenticità è ciò che ricompone questa frattura.
Le false autenticità: sincerità non è autenticità
In Gestalt è essenziale distinguere tra:
1. Sincerità
Dire la verità come la si pensa.
Ma spesso la sincerità è solo sfogo, impulsività, mancanza di contatto.
2. Autenticità
Dire la verità
in contatto con l’altro e con il proprio corpo.
La sincerità può ferire.
L’autenticità unisce.
L’autenticità è sempre relazionale.
Perché è così difficile essere autentici?
Perché l’autenticità richiede:
- presenza nel corpo
- confini chiari
- capacità di tollerare emozioni complesse
- disponibilità a essere visti
- rinuncia al controllo
- accettazione del rischio relazionale
Naranjo afferma che l’autenticità emerge solo quando
“smettiamo di manipolare la nostra immagine per essere amati.”
Autentico è ciò che vive, non ciò che compiace.
Autenticità e corpo
Il corpo è la sede primaria dell’autenticità.
Prima ancora di parlare, è il corpo che:
- si apre o si chiude
- si avvicina o si ritira
- respira o trattiene
- si espande o collassa
Kepner osserva che:
“Quando il corpo sostiene l’esperienza, la persona è autentica.
Quando il corpo si ritrae, l’autenticità si frattura.”
Il lavoro gestaltico porta la persona a sentire il corpo come guida, non come ostacolo.
Autenticità come responsabilità
Perls insisteva molto su questo punto:
“Essere autentici significa essere responsabili della propria esperienza.”
Responsabile non vuol dire colpevole:
vuol dire presente.
La responsabilità è l’atto di riconoscere:
- ciò che voglio
- ciò che temo
- ciò che posso sostenere
- ciò che scelgo
- ciò che rinuncio a delegare agli altri
Nell’autenticità non c’è vittimismo.
C’è presenza.
Metafora gestaltica: Il Ponte Sospeso
Immagina di camminare su un ponte sospeso.
Non c’è parapetto.
Sotto di te, il vuoto.
Ogni passo richiede presenza, equilibrio, ascolto.
Essere autentici è come camminare su quel ponte:
non puoi appoggiarti a maschere, ruoli, strategie.
Puoi fare affidamento solo sulla tua presenza,
sul tuo corpo,
sulla tua verità.
Esempio
Cliente:
“Non riesco a dire no agli altri.”
Osservo:
- spalle protese in avanti
- voce che si abbassa
- mani che si intrecciano
Chiedo:
“Cosa accade ora mentre dici questo?”
Risponde:
“Sento un peso allo stomaco.”
“Se quel peso potesse parlare, cosa direbbe?”
“Che ho paura di perdere l’amore degli altri.”
L’autenticità non è imparare a dire no.
È imparare
a sentire ciò che si teme,
a riconoscerlo,
a portarlo nel contatto.
Il gesto autentico nascerà da sé.
Autenticità come pratica, non come obiettivo
Scharmer (Teoria U) parla di “presencing”:
uno stato di apertura profonda in cui l’azione nasce dall’ascolto del proprio futuro emergente.
L’autenticità è questa pratica quotidiana:
- guardarsi senza giudizio
- ascoltare senza paura
- parlare senza finzione
- stare senza evitare
- agire senza tradirsi
È un modo di vivere.
Bibliografia essenziale
Autenticità, presenza, contatto
- Perls, Goodman, Hefferline – Teoria e pratica della Terapia della Gestalt, Astrolabio
- Perls, F. – Qui e Ora, Sovera
- Spagnuolo Lobb, M. – Il now-for-next in psicoterapia, FrancoAngeli
- Wheeler, G. – Che cos’è la Terapia Gestaltica, Astrolabio
- Ginger, S. e A. – La Gestalt. Terapia del “con-tatto” emotivo, Mediterranee
Confini, responsabilità e relazione
- Bruni, G. – Il confine di contatto, C.I.P.O.G.
- Clarkson, P. – Gestalt counseling, Sovera
- Polster, E. e M. – Terapia della Gestalt Integrata, Giuffrè
Fenomenologia dell’esperienza e del sé
- Simkin, J.S. – Brevi lezioni di Gestalt, Borla
- Zinker, J. – Processi creativi in Psicoterapia della Gestalt, FrancoAngeli
Approcci integrativi coerenti
- Gendlin, E. – Focusing, Astrolabio
- Otto Scharmer – Teoria U, FrancoAngeli
- Gallwey, T. – The Inner Game of Work, BUR Rizzoli
Conclusione
L’autenticità non è un atto eroico.
È una pratica di ritorno a sé.
Essere autentici significa:
- sentire
- riconoscere
- assumere responsabilità
- stare nel contatto
- agire in coerenza con il proprio organismo
È un cammino.
Un cammino che la Gestalt rende possibile attraverso presenza, corpo, consapevolezza e relazione.
Autentico non è chi “dice sempre ciò che pensa”.
Autentico è chi
riesce a esserci mentre vive ciò che accade.
Approfondimenti
Articoli e riflessioni su Coaching, Counseling, Gestalt, Relazioni e Crescita personale: un invito a comprendere, scegliere e trasformarsi.































