COUNSELING GESTALTICO

Margherita Spagnuolo Lobb scrive:
“Il terapeuta non interpreta: accompagna il movimento dell’esperienza mentre accade.”
Questa frase contiene l’essenza del Counseling Gestaltico:
non cerchiamo spiegazioni, ma movimenti.
Non lavoriamo sul perché, ma sul come.
Il Counseling Gestaltico è un processo di contatto: con sé stessi, con l’altro, con l’ambiente.
È un luogo dove la persona può finalmente “sentirsi mentre sente”.
Perls direbbe che si tratta di ritornare alla spontaneità dell’organismo, prima che il pensiero la sovrascriva.
1. Il Counseling Gestaltico come incontro: presenza prima di tecnica
Il counselor non è un esperto che “aggiusta”, ma un testimone vivo dell’esperienza del cliente.
Laura Perls direbbe:
“Non posso accompagnarti dove non sei. Posso solo starti accanto mentre scopri dove sei veramente.”
Il focus non è sulla storia, ma sulla modalità con cui la persona la racconta: tono della voce, postura, esitazioni, tensioni, ritmo, sguardo, pause.
Ogni micro-segnale è un pezzo di verità.
Spagnuolo Lobb parla di “sintonizzazione estetica”:
un modo di percepire la vitalità del cliente come un movimento danzante.
2. Il corpo come portatore della parte non detta
James Kepner, nel suo testo sull’integrazione corpo-psiche in Gestalt, scrive:
“Il corpo contiene la storia congelata del nostro adattamento.”
Quando accompagno una persona, non ascolto solo le parole:
osservo come le spalle cedono quando nomina un conflitto,
come lo sguardo si illumina quando parla di un desiderio che teme,
come la gola si chiude quando prova vergogna.
Il corpo è un testo che non mente.
Esempio in sessione:
Il cliente dice: “Non riesco più a sentirmi motivato.”
Gli chiedo: “Cosa succede ora nelle tue spalle?”
Risponde: “Pesano. Come se portassi qualcosa che non è mio.”
Questo è materiale vivo.
Da qui si parte, non dalla storia del problema.
3. La regolazione figura-sfondo: dove nasce il disagio
Il principio gestaltico fondamentale afferma che:
“Ciò che emerge in figura è ciò che chiede contatto ora.”
Il disagio non è un errore:
è un
tentativo dell’organismo di portare alla coscienza ciò che richiede completamento.
Naranjo aggiunge che molte sofferenze derivano da “Gestalten aperte”,
esperienze non concluse che continuano a chiedere spazio.
Nel Counseling Gestaltico esploriamo:
- quali emozioni emergono ora
- quali vengono evitate
- quali confini non sono chiari
- quali bisogni si affacciano timidamente
- quali parti interiori reclamano ascolto
4. Le interruzioni del contatto: difese o tentativi di adattamento?
Perls elencava le interruzioni del contatto non come sintomi,
ma come strategie che una volta hanno salvato la persona.
- Introiezione: accetto regole non mie.
- Proiezione: attribuisco fuori ciò che non riconosco dentro.
- Retroflessione: faccio a me ciò che vorrei fare all’altro.
- Deflessione: evito il contatto diretto.
- Confluenza: mi confondo con l’altro perdendo i miei confini.
Un esempio clinico (modificato):
Un cliente afferma: “Non voglio disturbare nessuno.”
Il corpo si chiude. La voce scende.
Emerge retroflessione: trattiene bisogni che vorrebbe portare nel mondo.
Il lavoro non è correggere, ma riconoscere:
“Cosa proteggi, quando trattieni così tanto?”
5. Il Sasso nel Ruscello
Immagina una corrente d’acqua.
Scorre libera, naturale.
Ora immagina un sasso più grande.
La corrente non si blocca: trova altri modi per scorrere,
ma perde armonia.
Il Counseling Gestaltico non rimuove il sasso.
Accompagna la persona a
sentire come l’acqua si muove intorno al blocco,
fino a quando l’organismo stesso non capisce
se quel sasso va accolto, levigato o lasciato andare.
È il processo che Spagnuolo Lobb definisce
“adattamento creativo”.
6. Risonanza relazionale: il cliente si ritrova nell’altro
Il counselor gestaltico non è neutrale.
È presente.
È parte dell’esperienza.
La relazione diventa uno specchio vivo,
una “co-creazione di senso”, come direbbero Polster e Polster.
La persona, nell’incontro, scopre:
- come si mostra
- come ritrae parti di sé
- come cerca o evita il contatto
- come si adatta
- come desidera essere visto
È una dinamica che Scharmer chiamerebbe “co-sensing”:
sentire insieme ciò che sta emergendo.
7. Un esempio concreto
Cliente: “Non riesco a dire quello che provo.”
Osservazione:
Lo sguardo si sposta in basso, la mandibola si irrigidisce, le mani si stringono.
Chiedo: “A chi stai parlando ora? A me o a qualcuno della tua storia?”
Si ferma. Respira.
Le spalle cedono leggermente.
“Sto parlando a mio padre.”
Questa è Gestalt:
il passato non viene analizzato, ma riemerge nel presente come esperienza viva.
Da qui parte il lavoro vero.
Bibliografia essenziale
- Perls, Goodman, Hefferline – Gestalt Therapy
- Margherita Spagnuolo Lobb – Il Now-for-Next in Psicoterapia
- Claudio Naranjo – Gestalt Therapy: The Attitude and Practice of an Atheoretical Experientialism
- James Kepner – Corpo, Sé e Società
- Joseph Zinker – The Creative Process in Gestalt Therapy
- Polster & Polster – Gestalt Therapy Integrated
Integrazioni interdisciplinari:
- Otto Scharmer – Theory U
- Timothy Gallwey – The Inner Game of Work
- Bandler & Grinder – La Struttura della Magia
- Paul Watzlawick – La Realtà È un’Illusione
Conclusione
Il Counseling Gestaltico non cerca di risolvere la persona,
perché non c’è nulla da risolvere.
Accompagna la maturazione naturale dell’esperienza,
restituisce presenza,
offre un luogo in cui ciò che è vivo può finalmente accadere.
È un’arte sottile:
stare accanto a qualcuno mentre ritrova sé stesso.
Approfondimenti
Articoli e riflessioni su Coaching, Counseling, Gestalt, Relazioni e Crescita personale: un invito a comprendere, scegliere e trasformarsi.































