CAREER COACHING IN OTTICA GESTALTICA: LA PROFESSIONE COME ESPRESSIONE DELL’IDENTITÀ VIVENTE

Quando una persona parla del proprio lavoro, raramente parla solo di competenze, ruoli o obiettivi.
Sta parlando di
identità, di come si percepisce nel mondo, di come entra in relazione con l’ambiente e con i propri bisogni più profondi.

La Gestalt vede la professione come un luogo privilegiato in cui emergono:

  • parti di sé non ancora integrate
  • desideri inespressi
  • tensioni e conflitti interiori
  • modalità relazionali ricorrenti
  • aspirazioni profonde

Come scrive Claudio Naranjo,
“ogni comportamento umano è un gesto dell’anima, una forma attraverso cui l’essere cerca di esprimersi”.

Il Career Coaching Gestaltico non si limita a definire un percorso professionale:
aiuta la persona a riconoscere
chi sta diventando attraverso il lavoro.


1. La professione come estensione del ciclo di contatto

Il ciclo di contatto (sensazione, consapevolezza, mobilitazione, azione, ritiro) è la base del funzionamento organismico.
Applicato alla dimensione lavorativa, rivela dove si inceppa il movimento naturale verso la realizzazione professionale.

Quando si blocca la sensazione

La persona non percepisce più ciò che desidera o ciò che la sfinisce.

Quando si blocca la consapevolezza

Segnali come:

  • mancanza di energia
  • perdita di entusiasmo
  • tensione corporea
  • senso di vuoto

vengono ignorati.

Quando si blocca la mobilitazione

Il desiderio c’è, ma non nasce l’energia per il cambiamento.

Quando si blocca l’azione

Si rimane fermi nonostante la chiarezza.

Quando si blocca l’integrazione

Anche cambiando lavoro, gli schemi si ripetono.

Il Career Coaching Gestaltico accompagna la persona a riconnettere il sentire con il fare, restituendo fluidità al ciclo.


2. L’identità professionale come processo, non come etichetta

La Gestalt considera l’identità come un movimento nel campo, non un tratto statico.

Margherita Spagnuolo Lobb descrive l’identità come
“l’esperienza del proprio modo unico di essere nel mondo, mentre ci si orienta tra sé e l’ambiente”.

Questo significa che non cerchiamo semplicemente “che lavoro fare”,
ma
come la persona entra nel lavoro:

  • con quali paure
  • con quali risorse
  • con quali modelli relazionali
  • con quali aspettative
  • con quale livello di presenza

Più che trovare un ruolo, la persona trova una postura esistenziale.


3. L’approccio fenomenologico: si lavora su ciò che accade ora

Nel coaching tradizionale si lavora su obiettivi e strategie.
Nel Career Coaching Gestaltico si parte da una domanda diversa:

“Cosa sta accadendo in te mentre parli del tuo lavoro?”

Si osservano:

  • micro-espressioni
  • tono della voce
  • cambiamenti del respiro
  • tensioni nelle spalle o nella mandibola
  • esitazioni nelle parole
  • metafore spontanee
  • posture corporee

Il corpo racconta ciò che la mente non dice.

James Kepner, nel suo testo sul lavoro corporeo gestaltico, afferma che:
“Il corpo conserva la traccia del modo in cui ci siamo adattati al mondo.”

L’identità professionale è scritta lì.


4. Esempio pratico

Cliente: “Vorrei crescere nel mio lavoro.”

Osservo:

  • respiro trattenuto
  • spalle rigide
  • voce che scende
  • sguardo evitante

Chiedo: “Cosa accade ora nel tuo corpo?”
Risponde: “Mi irrigidisco.”

“Cosa teme questa rigidità?”
“Di fallire.”

La questione non è la carriera.
È la
paura di esporsi.

Il lavoro diventa restituire al cliente la possibilità di incontrare questa paura senza evitarla, finché non si trasforma da ostacolo a risorsa.


5. L'integrazione con Theory U: la direzione emerge dal presente

Scharmer afferma che il cambiamento vero nasce non dall’analisi del passato, ma dal “presencing”:
uno stato in cui si ascolta ciò che sta cercando di emergere.

Il Career Coaching Gestaltico aiuta la persona:

  • a sospendere vecchie narrazioni rigide
  • ad ascoltare segnali nuovi
  • a lasciare che la direzione emerga dall’esperienza presente

Una decisione lavorativa non si deduce:
si sente.


6. L’Inner Game applicato al lavoro

Timothy Gallwey distingue due parti:

  • Self 1 – la voce critica, valutativa, controllante
  • Self 2 – la parte spontanea, competente, naturale

Nel lavoro, Self 1 spesso domina:

  • “Non sei abbastanza.”
  • “Devi dimostrare.”
  • “Non puoi sbagliare.”

La Gestalt invita a riportare l’attenzione al Self 2,
che non ha bisogno di controllo,
ma di contatto con l’esperienza reale.


7. Metafora gestaltica: Il Violinista Silenzioso

Un violinista non diventa maestro leggendo manuali,
ma ascoltando la vibrazione del suo strumento mentre suona.

Allo stesso modo, non si diventa professionisti efficaci pianificando tutto a tavolino,
ma
ascoltando come si risuona nel proprio lavoro, momento per momento.

Il Career Coaching Gestaltico insegna proprio questo:
la maestria nasce dal contatto, non dal controllo.


8. Bibliografia essenziale

Gestalt

Perls, F., Goodman, P., Hefferline, R. – Teoria e pratica della terapia della Gestalt, Astrolabio
Perls, F. – L’Io, la fame, l’aggressività, Astrolabio
Perls, F. – Dentro e fuori la pattumiera, Astrolabio
Kepner, J. – Il corpo e la psicoterapia della Gestalt, Astrolabio
Zinker, J. – Il processo creativo nella terapia della Gestalt, Astrolabio
Spagnuolo Lobb, M. – Il now-for-next in psicoterapia, FrancoAngeli
Spagnuolo Lobb, M. – La psicoterapia della Gestalt, Cortina

Campi affini

Scharmer, O. – Teoria U, FrancoAngeli
Gallwey, T. – The Inner Game of Work, BUR Rizzoli
Gendlin, E. – Focusing, Astrolabio
Siegel, D. – Mindsight, Raffaello Cortina
Watzlawick, P. – Istruzioni per rendersi infelici, Feltrinelli
Dilts, R. – La mappa della PNL, Alessio Roberti Editore



9. Conclusione

Il Career Coaching Gestaltico non aiuta a “trovare un lavoro”,
ma a trovare
un modo autentico di stare nel lavoro.

La professione diventa allora un luogo di contatto,
di crescita,
di integrazione delle parti di sé.

Non un dovere,
ma una forma di espressione.

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